di Mario Matteini
[Quarto episodio di otto del ciclo “La valigia nella storia”]
Episodi della serie:
1. Le valigie della speranza
2. Le valigie salvifiche
3. Le valigie del grand tour… de force
4. Le valigie delle sorprese
5. Le valigie dei migranti
6. Le valigie dei tempi di guerra
7. Le valigie delle stragi
8. Questo prendiamo noi
Buongiorno e buon fine settimana.
Ma che cosa c’è nella valigetta di Pulp fiction (1994)? Leggo su “Esquire” che il magazine inglese “Dazed” ha messo in lista le varie ipotesi avanzate negli ultimi 25 anni sul possibile contenuto della misteriosa valigetta. Diamanti? Il vestito d’oro di Elvis? Una mini bomba atomica? L’anima di Marsellus Wallace venduta al diavolo? Il Santo Graal? Un Oscar? … Che diavolo c’è dentro?
La sola volta che si vede aperta, e ne esce un brillio dorato, si resta ancor più interdetti. Ma cos’è? Per Tarantino è qualsiasi cosa che piaccia allo spettatore. Lo sceneggiatore Roger Avary conferma e svela anche la trovata del brillio.
Pure il nostro Mario Matteini è andato a guardare che cosa contenevano alcune valigie che hanno lasciato un piccolo ma non trascurabile segno nella storia.
L’angolo russo
Dopo aver fatto una breve storia della valigia, torniamo a parlare di storia “nella” valigia. E cominciamo con un vecchio baule ritrovato nel 2010 in Svizzera.
Era appartenuto a Ferdinand Thormeyer, nato a Ginevra nel 1858. All’età di diciotto anni Ferdinand si era recato nell’impero russo, dove aveva trovato lavoro come insegnante. Nel 1886 era stato assunto come precettore e insegnante di lingua e letteratura francese dei figli dello zar Alessandro III, George Romanov e Nicholas Romanov.
Quando quest’ultimo diventerà zar Nicola II, Ferdinand continuerà a svolgere lo stesso incarico con i figli di lui Mikhael, Olga e Xenia. Con essi si creerà un legame di stima ed affetto, testimoniato da un notevole scambio di corrispondenza, tanto che, in una lettera del 1905 inviata al Granduca Mikhail Alexandrovich, Thormeyer scrive di aver creato un "angolo russo" nella sua casa, dove erano conservati tutti i ricordi legati ai Romanov.
Il baule dei Romanov
Thormeyer morì nel 1944 e il suo “angolo russo” rimase a lungo nascosto in un baule nella soffitta del suo appartamento, dove, nel 2010, fu trovato da un suo erede. La sorpresa fu enorme. Un migliaio di lettere, centinaia di cartoline e telegrammi, numerose fotografie, disegni e altri oggetti e documenti vari.
Un materiale di grande interesse, che ci offre una interessantissima testimonianza soprattutto sulla vita privata della corte imperiale.
Ci sono foto che ritraggono i giovani Romanov, ancora bambini mentre giocano nelle sale del palazzo imperiale, e alcune loro lettere scritte in francese, come esercitazioni inviate al loro insegnante per la correzione. Altre scritte più avanti negli anni parlano in modo affettuoso e confidenziale di eventi della vita quotidiana della famiglia imperiale.
Di notevole interesse storico sono le lettere scritte da Nicola II durante la prima guerra mondiale al Granduca Nikolai Nikolayevich, comandante supremo dell'esercito imperiale.
Tutto finito alla casa d’aste Hôtel des Ventes di Ginevra, che lo mise in vendita in vari lotti per diverse centinaia di migliaia di franchi svizzeri.
Nella suite B55 del Titanic
Decisamente superiore era il valore dei bagagli dell'americana Charlotte Wardle Cardeza, una dei sopravvissuti al naufragio del Titanic. Quando si imbarcò nel porto francese di Cherbourg la sera del 10 aprile 1912, Charlotte aveva 58 anni ed era reduce da un safari in Africa.
Dotata di un patrimonio assai sostanzioso, aveva acquistato un biglietto di prima classe, pagato 512 sterline (quasi 60.000 sterline di oggi) ed occupava la suite B55, una delle più costose, composta di due camere da letto, un soggiorno e uno spazio esterno per una passeggiata privata di 15 metri.
Pure due scellini
Viaggiava con il figlio Thomas di 36 anni, con due camerieri e con una enorme quantità di bagagli: 14 bauli, 4 valigie, 3 casse, un necessaire di farmaci. Nei bauli c'erano 70 abiti, 10 pellicce, 38 boa di piume, 22 spille per capelli, 91 paia di guanti. Tutto delle marche e delle boutique più esclusive. Aveva anche un cofanetto con molti gioielli e vari altri oggetti per passare il tempo, compreso un carillon a forma di uccello.
Dopo il naufragio, dal quale si salvarono sia lei che il figlio e i camerieri, presentò una domanda di indennizzo, composta di 18 pagine scritte a macchina, con la quale chiedeva 36.567 sterline e 2 scellini (oltre 4,4 milioni di dollari odierni).
Non sappiamo quanto le sia stato risarcito. Quello che è certo è che ha continuato a viaggiare in tutto il mondo fino al 1930. Morì nel 1939 all'età di 85 anni.
Intanto in terza classe
A bordo del Titanic c’erano 2223 persone, solo 706 si salvarono. L’ultima dei sopravvissuti è deceduta nel 2009. Si chiamava Millvina Dean ed era la più giovane fra i passeggeri.
Aveva infatti solo due mesi al momento dell'imbarco a Southampton il 10 aprile del 1912. Viaggiava in terza classe con un fratellino e i genitori, che avevano deciso di trasferirsi dall'Inghilterra al Kansas, dove il padre voleva aprire una tabaccheria. Il naufragio mise fine al suo progetto e anche alla sua vita, mentre la moglie e i figli si salvarono e, dopo poco tempo, tornarono in Inghilterra.
Nel 2008, quando ormai era l'ultima sopravvissuta del Titanic ancora in vita, Millvina tornò a far parlare di sé.
Una valigia salvifica
Non poteva più sostenere le spese della casa di cura in cui si trovava e fu costretta a vendere tutto quello che aveva conservato per ricordare la drammatica esperienza del Titanic.
E fra i vari cimeli messi in vendita c'era anche un ricordo molto caro, testimonianza della generosità dei newyorchesi verso i sopravvissuti al terribile disastro: una valigia, che era stata consegnata alla sua famiglia dopo lo sbarco, piena di abiti, perché avessero almeno di che vestirsi.
Millvina morirà nel 2009. Le sue ceneri furono disperse nelle acque del porto di Southampton, all’altezza della banchina da cui era salpato il Titanic per il suo primo e unico viaggio.
Quando un naufragio non basta
Fra i superstiti del Titanic c’era anche Mary Roberts. Mary era una donna coraggiosa ma anche molto fortunata. Prima di imbarcarsi sul Titanic come hostess, aveva già lavorato sulle navi della White Star Line. Dopo essere uscita viva dal naufragio del Titanic, continuò a lavorare sul mare.
Nel 1914 si imbarcò come infermiera sulla nave ospedale Rohilla. Il 30 ottobre del 1914, mentre era in navigazione verso Dunkerque per recuperare soldati feriti, la Rohilla fu sorpresa da una tempesta.
Erano le quattro del mattino e tutte le luci di assistenza alla navigazione a terra erano spente per le restrizioni della guerra. La nave si incagliò su una scogliera al largo della cittadina di Withby, sulle coste del North Yorkshire, rompendosi in tre parti.
Le operazioni di salvataggio, difficilissime a causa delle pessime condizioni del mare, durarono tre giorni. Delle 229 persone imbarcate 146 furono salvate e fra queste anche Mary. Per niente scoraggiata da quelle drammatiche esperienze, Mary continuò a lavorare a bordo di altre navi fino al 1929. Morì tre anni dopo, all’età di 59 anni.
Il bauletto riemerso
A distanza di quasi ottanta anni, nella stessa cittadina al largo della quale avvenne il disastro della Rohilla, è tornato un bagaglio appartenuto a Mary Roberts e perso durante il naufragio. Si tratta di un bauletto che sorprendentemente conserva ancora l’etichetta con il nome, seppure sbiadito, della coraggiosa infermiera con accanto quello della nave.
Recuperato non si sa come dal mare del Nord, ora si trova a Withby, nel Museo della Scialuppa di Salvataggio, insieme a scialuppe, salvagente, modellini, fotografie, oggetti vari a ricordo dei numerosi salvataggi effettuati dagli inizi dell’Ottocento.
È arrivato al museo nel 2013, grazie all’iniziativa del suo curatore, Peter Thomson, che, mentre cercava materiale per celebrare il centenario dal naufragio, era casualmente venuto a sapere della sua esistenza fra la merce in vendita presso un antiquario, che lo aveva ritrovato durante lo sgombero di un appartamento a York.
Thomson è riuscito a convincerlo di venderlo al museo per sole 50 sterline.
Prima di andare
La moglie coreana. Se avete Apple TV+ date un’occhiata alla nuova miniserie Pachinko, la moglie coreana (8 episodi: 4 già disponibili, gli altri ogni venerdì). È una sorta di versione asiatica di Heimat. Una famiglia coreana è ritratta, anche nei problematici rapporti con il Giappone, attraverso tre generazioni, in un arco di tempo che va dal 1910 al 1989. Non facile da seguire per la giustapposizione delle storie nelle varie epoche, la difficoltà di tenere a mente i nomi dei personaggi e l’alternanza del dialogato tra coreano (doppiato, con sottotitoli verdi), giapponese (solo sottotitoli, in blu) e inglese (solo sottotitoli in nero). Lo sforzo di concentrazione però ripaga: bello spettacolo anche nella ricostruzione degli ambienti e dei costumi. La miniserie è adattata dall’omonimo romanzo bestseller di Min Jin Lee edito in Italia da Piemme nel 2021. Il romanzo inizia in modo enigmatico con questo incpit “La storia ci ha tradito, ma non importa”. Quale storia? Che tradimento? Perché non importa? Anch’io devo ancora capirlo, anche perché non ho letto il libro.
Cinema koreano. A proposito di Corea, una cultura che sta imponendosi sulla scena globale. A Firenze al Teatro della Compagnia, nella centralissima via Cavour, e allo Stensen, a partire da oggi fino al 15 aprile, si terrà il Florence Korea Film Festival che celebra il suo ventennale. L’ospite d’onore sarà Lee Jung-jae, il tormentato interprete di Squid game. Su MYmovies, media partner fin dagli inizi del festival, potete seguire le proiezioni in streaming.
Le dive di Zeffirelli. Sempre a Firenze al Savoy Hotel (Piazza della Repubblica) la Fondazione Zeffirelli ha organizzato una mostra fotografica, a ingresso gratuito, sulle dive che hanno lavorato con il maestro fiorentino. Nella Lobby, nelle scale monumentali e nel Salotto Lounge sono appesi i ritratti di (in ordine alfabetico): Marisa Allasio, Fanny Ardant, Anne Bancroft, Monica Bellucci, Maria Callas, Claudia Cardinale, Cher, Glenn Close, Valentina Cortese, Judy Dench, Faye Dunaway, Carla Fracci, Olivia Hussey, Anna Magnani, Mariangela Melato, Joan Plowright, Katia Ricciarelli, Stefania Sandrelli, Brooke Shields, Maggie Smith, Teresa Stratas, Elizabeth Taylor, Monica Vitti. Una galleria di bellezze. Fino a giugno 2022, nell’orario di apertura del Savoy (Tel. 055 2735 836). Andateci!