Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini

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Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini è una locuzione latina che, tradotta letteralmente, significa «quello che non fecero i barbari, lo fecero i Barberini».

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il popolo romano sfogava tramite Pasquino, la più famosa statua parlante di Roma, il proprio disappunto denunciando ingiustizie e prepotenze sia della curia romana sia delle famiglie patrizie. Ebbene, fra le diverse «pasquinate» divulgate nel Seicento figurava proprio questa frase satirica, indirizzata a papa Urbano VIII Barberini e ai membri della sua famiglia per gli scempi edilizi di cui si resero responsabili[1]: questi, in virtù delle cariche e dei poteri ottenuti, fecero danni alla città, dall'interno, maggiori di quelli che avrebbero potuto esser causati da un'invasione barbarica.

In uno degli episodi più tristemente famosi[2], papa Urbano VIII nel 1625 fece asportare e fondere le travature bronzee del pronao del Pantheon, per costruire il baldacchino di San Pietro[3] e i cannoni per Castel Sant’Angelo[4]. L'origine del detto fu ascritta anche alla costruzione di palazzo Barberini[5] con materiali presi dal Colosseo[6].

L'autore della celebre "pasquinata" è stato identificato in monsignor Carlo Castelli, ambasciatore del Duca di Mantova. Secondo il critico d'arte Sandro Barbagallo è il diario dello stesso Urbano VIII a rivelarlo:[7]

«(...) l'Agente del Duca di Mantova che fu Detrattore di aver affissi i Cartelli di quell'infame Pasquinata da famiglia Barbera ad Barberina, egli morse d'infermità e nel letto chiese perdono a Papa Urbano Ottavo»

L'autore, comunque, avrebbe attinto ad una considerazione che circolava alla corte papale, cui diede voce lo stesso medico personale di Urbano VIII, Giulio Cesare Mancini: "stando infatti agli Avvisi di Roma il 20 settembre 1625 il Mancini disse motteggiando, che quello che non hanno fatto i Barbari facevano i Barberini"[8].

Nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

In meno di cinquant'anni la pasquinata aveva raggiunto ampia notorietà, superando l'oceano, tanto da essere trasposta dallo scrittore Francis Daniel Pastorius in riferimento ai Medici[9].

Altra trasposizione fu avanzata da Luigi Russo, nella polemica politica contro la legge truffa[10].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Anche se non unici, tra i pontefici che vollero abbellire Roma sin dal Rinascimento: Enea Silvio Piccolomini, ad esempio, da umanista aveva invocato la tutela dei "segni della maestà" antica di Roma, e che nel 1462 emanò una bolla per tutelare i monumenti da ulteriori depredazioni, "non sempre obbedì ai suoi stessi editti, perché prese sette colonne dal Portico di Ottavia per una loggia a San Pietro": Eva Matthews Sanford, The Destruction of Ancient Rome (Continued), The Classical Weekly, Vol. 40, No. 17 (Mar. 10, 1947), p. 131.
  2. ^ quod non fecerunt Barbari, Barbarini fecerunt, in Enciclopedie on line, Treccani. URL consultato il 31 agosto 2016.
  3. ^ Pur dando atto che questo utilizzo è ammesso dallo stesso papa Urbano, in una targa fatta affiggere nel pronao del Pantheon, ne contesta la veridicità Thomas Ashby, Addenda and Corrigenda to Sixteenth Century Drawings of Roman Buildings Attributed to Andreas Coner Vol. II, Papers of the British School at Rome, Vol. 6, No. 5 (1913), p. 202.
  4. ^ P. Gentizon, Autour du Panthéon, Revue Archéologique, Cinquième Série, T. 30 (JUILLET-DÉCEMBRE 1929), p. 121.
  5. ^ Il palazzo "è uno de principali di Roma per magnificenza e raccolta di quadri; se non che fu costruito a spese de monumenti antichi e diede luogo al notissimo verso": Dizionario corografico dello Stato Pontificio, Volume 2, Stabilimenti di Civelli G. e C., 1856, p. 1045.
  6. ^ Trattato di scienza della conservazione dei monumenti: etica della conservazione, degrado dei monumenti, interventi conservativi, consolidanti e protettivi, di Giovanni Giuseppe Amoroso, Alinea Editrice, 2002, p. 27.
  7. ^ Lauretta Colonnelli, Si chiamava Carlo Castelli il Pasquino di Urbano VIII, Corriere della Sera, 25 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 2 febbraio 2018).
  8. ^ Voce "Mancini" della Treccani, con citazione di L. von Pastor, Storia dei papi, XIII, Roma 1961, p. 868.
  9. ^ In un suo commento (a margine di Georg Horn, Arca Mosis. Historia mundi, 1670) scrisse, tra l'altro, "Quod morbus non potuit, fecerunt Medici": ciò alludes to a famous pasquinade from seventeenth-century Rome, directed against the harm supposedly done to the city by the Barberini family: "Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini" secondo ANTHONY GRAFTON, The Republic of Letters in the American Colonies: Francis Daniel Pastorius Makes a Notebook, The American Historical Review, Vol. 117, No. 1 (FEBRUARY 2012), p. 10.
  10. ^ Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini; quod non fecit Mussolini, fecerunt degasperini: L. Russo, Noterelle e schermaglie, Belfagor, n. 4/1953, p. 477.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Gaetano Bossi, La pasquinata Quod non fecerunt barbari fecerunt Barberini, E. Filiziani, 1898

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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