Riconoscimento facciale a Como, dopo l'inchiesta di Wired interrogazione al ministro Lamorgese

I deputati Pd Braga e Sensi scrivono al Viminale per ottenere chiarimenti sulla tecnologia adottata dal Comune lombardo e sulla tutela della privacy

Un'interrogazione al ministero dell'Interno per far luce sul sistema di riconoscimento facciale adottato dal Comune di Como. Dopo l'inchiesta di Wired, che ha svelato genesi e sviluppi dei due appalti banditi dal municipio lariano per un sistema di videosorveglianza "intelligente", i deputati del Partito democratico Chiara Braga e Filippo Sensi chiedono chiarimenti al ministro Luciana Lamorgese.

Due in particolare i punti critici dell'interrogazione depositata. In primis Braga (di origini comasche) e Sensi vogliono sapere dal Viminale “quali informazioni abbia in merito alle decisioni assunte dal Comune di Como di installare un sistema di riconoscimento facciale e - nel caso fossero confermate - se le ritenga conformi alla normativa vigente”. In secondo luogo, i due chiedono se il ministro “non ritenga, in ogni caso, urgente uniformare le condizioni per il ricorso a dati biometrici, come definiti dal regolamento 2016/679 Ue (Gdpr), da parte degli enti territoriali, in particolare per le funzioni di polizia giudiziaria riservate alla polizia locale, oltre che per assicurare le necessarie garanzie a tutela dei diritti costituzionali dei cittadini”.

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In termini di protezione delle informazioni, già il Garante della privacy ha avviato un provvedimento nei confronti del Comune di Comune, dal quale emerge la mancanza di basi legali per installare il sistema di riconoscimento facciale.

Ma dall'inchiesta di Wired vengono a galla altri punti opachi nella gestione della videosorveglianza e del riconoscimento facciale, che permette di generare degli alert in caso di situazioni anomale e di cercare un soggetto presente in una blacklist. Tra questi, una valutazione di impatto preventiva (un documento richiesto dal Gdpr per stabilire i rischi connessi all'uso di una determinata tecnologia) scritta dal Comune successivamente alla richiesta di accesso agli atti da parte di Wired e che sembra ridurre le caratteristiche proprie di un sistema di riconoscimento facciale a una semplice videosorveglianza non “intelligente”.

Tra le altre cose, l’offerta tecnica di A2a Smart City, costola della multiutility lombarda che si occupa di applicazioni per le città intelligenti, sottolinea letteralmente come il sistema possa “rilevare facce per persone di colore bianco, giallo e nero (letterale nei documenti, nda), sebbene, a livello internazionale, siano noti limiti e rischi di queste applicazioni, che spesso conducono a pregiudizi razziali. Tant'è che gli stessi deputati nella loro interrogazione richiamano che “nella valutazione d’impatto “postuma” non si tiene in considerazione il problema dell’invasività del riconoscimento facciale, dei rischi legati ai bias e ai falsi positivi insiti nella tecnologia stessa”. La palla, ora, passa al Viminale.