Riconoscimento facciale, il Comune fa chiarezza

Como, l’obiettivo era metterlo a disposizione delle forze dell’ordine ma il trattamento dei dati biometrici è vietato: stop del Garante della privacy

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Adesso che il caso delle telecamere a riconoscimento facciale sperimentate fin dall’anno scorso nel Parco Tokamachi rischia di finire tra i dossier del premier Conte a Palazzo Cernezzi hanno deciso di fare un po’ di chiarezza sulla vicenda. Le telecamere a riconoscimento facciale sono state posizionate nell’agosto del 2019, sulla scia dell’arrivo dei migranti che avevano occupato il parco tre anni prima, e la sperimentazione proseguita nei successivi sei mesi. "L’impianto di videosorveglianza è stato progettato e realizzato per consentire al nucleo di Polizia Giudiziaria della Polizia Locale di individuare persone oggetto di indagine attraverso il riconoscimento facciale nell’area controllata – spiega Palazzo Cernezzi - Individuare automaticamente situazioni sospette come l’abbandono di oggetti potenzialmente pericolosi e rilevare furti".

Al termine della sperimentazione l’obiettivo era mettere le telecamere a disposizione anche di Polizia e Carabinieri. Un’idea condivisa con il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza che nel corso di una riunione in Prefettura, l’11 dicembre del 2019, espresso parere favorevole all’utilizzo delle telecamere a riconoscimento facciale. L’unica a mettersi di traverso è stata l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali che l’8 gennaio 2020, dopo aver appreso dell’esistenza del sistema da un articolo di stampa, ha mandato una nota spiegando che il trattamento dei dati biometrici è vietato. Così dal 20 marzo la funzione di riconoscimento facciale è stata disabilitata, ma nell’appalto per potenziare il sistema di videosorveglianza sono previste altre 16 telecamere di questo tipo, a fronte delle 110 complessivamente installate in città. Roberto Canali