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L'app Immuni funzionerà anche all’estero e tra utenti stranieri

L'app Immuni funzionerà anche all’estero e tra utenti stranieri
(ansa)
Accordo nell'Ue per far funzionare le app nazionali di tracciamento contagi Covid anche fuori dai confini. A patto che il Paese di origine dell'utente e quello in cui questi viaggia abbiano scelto lo stesso modello tecnologico 'decentralizzato'
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Potremo usare l'app Immuni anche all'estero, almeno in alcuni Paesi europei. E funzionerà anche con utenti di altre nazionalità. Gli Stati membri dell'Ue e la Commissione europea hanno raggiunto un accordo in tal senso, ma a certe condizioni. Hanno varato di fatto la tanto attesa 'interoperabilità' delle app per il controllo contagi da coronavirus, come appunto l'italiana Immuni, da lunedì 15 giugno operativa su tutto il territorio nazionale.

La Commissione ha già pubblicato le specifiche tecniche (qui il .pdf) che i Paesi dovranno integrare nei propri sistemi informatici per il tracciamento. In pratica, cosa comporta per gli italiani? Due cose soprattutto. Saremo avvisati di essere stati a contatto con un paziente Covid-19 anche quando siamo all’estero. E riceveremo l’avviso anche se il contagiato in questione non è italiano e usa un'altra app, straniera, diversa da Immuni.

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I limiti per chi viaggia

Il sito governativo dedicato a Immuni spiega tutti i limiti che oggi invece ci sono quando si viaggia: "su dispositivi iOS, le notifiche di esposizione vengono disattivate se sei all’estero" (su Android invece no, ndr); "l’app si può connettere al server (per esempio, per scaricare le chiavi degli utenti risultati positivi al virus) soltanto se sei all'interno dell'Unione Europea. Al momento, le connessioni al server provenienti da altri territori non sono supportate per motivi di sicurezza"; "nel caso tu dovessi risultare positivo al virus, dovrai trovarti in Italia per poter caricare le tue chiavi sul server (operazione che consente poi l’invio delle notifiche agli utenti entrati in contatto con il contagiato, ndr)". Infine, "attualmente, l’app rileva solo i contatti con altri utenti di Immuni. Non rileva contatti con gli utenti delle app per le notifiche di esposizione di altri Paesi".

Il modello decentralizzato

La Commissione varerà anche un server centrale per la condivisione dei dati, sempre in via cifrata e pro-privacy. Purtroppo però il tutto varrà solo tra alcuni (pochi, di fatto) Paesi, si legge nelle linee guida: solo tra quelli che hanno aderito allo stesso modello scelto da Immuni, definito "decentralizzato" e promosso da un’alleanza tra Google e Apple. Come Germania e Belgio. Non la Spagna, che non ha un’app nazionale. Né la Francia, ancora indecisa tra modello centralizzato e decentralizzato. La Svizzera segue lo stesso nostro modello, ma non essendo della comunità europea non è detto che si adegui all’interoperabilità.

Teniamo conto che in Germania l’app sta avendo un certo successo: 6,5 milioni di download in 24 ore; Immuni è a quota 3 milioni dopo quasi due settimane dalla disponibilità sugli store. Va detto che non è ancora partita la campagna di comunicazione per Immuni, sviluppata senza costi per lo Stato, mentre la Germania ha speso 20 milioni di euro per la sua app.

Interoperabilità: da quando

Sono incerti infine i tempi di lancio dell’interoperabilità, ma certo è che ora è partita una corsa per fare il più in fretta possibile; se non per agosto almeno per l’autunno, in vista della possibile nuova ondata. "Con l’approssimarsi della stagione turistica – ha detto infatti Thierry Breton, commissario per il Mercato interno – è importante garantire che i cittadini europei possano utilizzare l’applicazione del proprio Paese ovunque si trovino in viaggio nell'Ue. Le app di tracciamento dei contatti possono essere utili per limitare la diffusione del coronavirus, in particolare nel quadro delle strategie nazionali miranti alla revoca delle misure di confinamento".

"L'interoperabilità delle app di contact tracing è un elemento fondamentale nella lotta al Covid per due motivi", commenta l’avvocato specializzato in digitale Fulvio Sarzana. "Il primo è che l’interoperabilità è in grado di limitare i contagi di ritorno nei singoli Paesi, contribuendo a evitare i rischi di lockdown dei singoli Stati rispetto ad altri. Il secondo è la possibilità che, funzionando le app in ambito transnazionale, si possano limitare i fenomeni dei 'falsi negativi', ovvero i casi dei soggetti che non sarebbero tracciati nei Paesi in cui si recano in vacanza qualora non ci fosse l’interoperabilità. E sarebbero quindi in grado di infettare un certo numero di persone".

"La commissione europea sfrutta il gran lavoro di Apple e Google. Senza il 'ricatto tecnologico' delle due aziende a quest'ora ci troveremmo di fronte ad app nazionali che non potrebbero dialogare tra loro", aggiunge Antonino Polimeni, avvocato specializzato in nuove tecnologie.