Roma

Giulio Regeni, parte con un rinvio il processo infinito per la morte del ricercatore

Il genitori del ricercatore ucciso in Egitto
Il genitori del ricercatore ucciso in Egitto 
Slitta al 25 maggio l'udienza preliminare a carico dei quattro 0007 accusati di aver seviziato e ucciso il giovane, il cui corpo fu trovato ai bordi di una strada al Cairo il 3 febbraio del 2016
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La verità per Giulio Regeni dovrà attendere ancora. È stata rinviata al prossimo 25 maggio l'udienza preliminare a carico del generale Sabir Tariq, dei colonnelli Usham Helmi e Athar Kamel Mohamed Ibrahim e di Magdi Ibrahim Abdelal Sharif.

I quattro, appartenenti ai servizi segreti egiziani, sono accusati del sequestro, delle sevizie e dell'omicidio del ricercatore italiano, il cui corpo è stato ritrovato il 3 febbraio del 2016 ai bordi della Alexandria Desert Road, al Cairo.

Oggi il giudice per le udienze preliminari avrebbe dovuto decidere in merito al rinvio a giudizio degli indagati. Ma a causa di un legittimo impedimento di un avvocato, che sarebbe entrato in contatto con una persona positiva al Covid, l'udienza è stata rinviata.

L'ennesimo ostacolo, per una vicenda che negli anni ha già dovuto affrontare i depistaggi e le complicate relazioni diplomatiche tra l'Italia e l'Egitto, la carente collaborazione degli inquirenti del Cairo e, recentemente, anche le mistificazioni confezionate con un documentario che rappresenta una narrazione distorta dei fatti che hanno portato alla morte di Giulio Regeni.

Secondo la procura di Roma i quattro indagati, insieme ad altre persone mai identificate, dopo la denuncia del sindacalista Mohamed Abdallah avrebbero "osservato e controllato, direttamente e indirettamente, dall'autunno 2015 alla sera del 25 gennaio 2016, Giulio Regeni", si legge negli atti. E ancora: "lo bloccavano all'interno della metropolitana de Il Cairo e, dopo averlo condotto contro la sua volontà e al di fuori da ogni attività istituzionale, dapprima presso ilc ommissariato di Dokki e successivamente presso un edificio a Logaugly", sostengono il pm Sergio Colaiocco e il procuratore capo Michele Prestipino.

Magdi Ibrahim Abdelal Sharif "per motivi abietti e futili e abusando dei loro poteri, con crudeltà, cagionava a Giulio Regeni lesioni che gli avrebbero impedito di attendere alle ordinarie occupazioni per oltre 40 giorni nonché comportato l'indebolimento e la perdita permanente di più organi, seviziandolo con acute sofferenze fisiche, in più occasioni e a distanzia più giorni". Da qui l'accusa di lesioni, visto che il reato di tortura è stato emanato solo successivamente.

Sharif è accusato anche di omicidio: "mediante una violenta azione contusiva, esercitata su vari distretti corporei cranico-cervico-dorsali, cagionava lesioni imponenti di natura traumatica a Giulio Regeni da cui conseguiva un'insufficienza respiratoria acuta di tipo centrale che lo portava alla morte", al decesso che invano gli indagati avrebbero cercato di camuffare.