CNR: “Vivere vicino a una centrale a carbone aumenta il rischio di morte e malattia”

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Uno studio Cnr-Ifc di Pisa ha valutato la relazione tra l’esposizione a inquinanti atmosferici emessi dalla centrale a carbone di Vado Ligure e il rischio di mortalità e ricovero in ospedale per cause tumorali e non tumorali.

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“Per i residenti intorno alla centrale a carbone di Vado Ligure ci sono stati forti eccessi di rischio di mortalità prematura e di ricovero ospedaliero, anche considerando le diverse fonti inquinanti cui sono stati esposti i cittadini.”

Lo scrivono gli epidemiologi ambientali dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifc) di Pisa che hanno studiato l’impatto sanitario della centrale Tirreno Power di Vado Ligure (Savona) sulla popolazione residente dal 2001 al 2013 in 12 comuni intorno a Vado Ligure.

La centrale, avviata nel 1970 e alimentata a carbone, è rimasta in esercizio fino al 2014, quando la Procura della Repubblica di Savona ha fatto fermare gli impianti a carbone per “disastro ambientale doloso”.

Lo studio – che è stato pubblicato in questi giorni sulla rivista Science of the Total Environment – ha valutato la relazione tra l’esposizione a inquinanti atmosferici emessi dalla centrale e il rischio di mortalità e ricovero in ospedale per cause tumorali e non tumorali. L’esposizione alle emissioni è risultata associata a numerosi eccessi di mortalità e di ricovero in ospedale, in particolare per le malattie dei sistemi cardiovascolare e respiratorio.

La metodologia adottata

L’esposizione a biossido di zolfo (SO2) e ossidi di azoto (NOx) è stata stimata dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente ligure (Arpal) mediante un modello di dispersione che ha considerato le emissioni da fonti industriali, portuali e stradali”, spiega Fabrizio Bianchi, coordinatore del gruppo.

“L’area è stata suddivisa in 4 classi di esposizione a inquinanti (diversi livelli con inquinamento di crescente intensità). La relazione tra effetti sulla salute ed esposizione a inquinamento atmosferico è stata studiata per uomini e donne, confrontando ciascuna delle tre categorie con maggiore concentrazione di inquinanti con quella a minore concentrazione, tenendo conto dell’età e della condizione socio-economica della popolazione (indice di deprivazione)”.

Per il periodo 2001-2013 sono state seguite 144.019 persone, identificate con l’indirizzo di residenza (schema delle metodologia).

Lo studio di coorte ha considerato il periodo di permanenza di un soggetto all’interno della coorte (anni persona) dall’inizio alla fine del follow-up o sotto-periodi per i nati, morti o, se residenti, immigranti o emigranti nel periodo.

“Nei 12 comuni considerati, nelle aree a maggiore esposizione a inquinanti sono stati riscontrati eccessi di mortalità per tutte le cause (sia uomini che donne +49%) per malattie del sistema circolatorio (uomini +41%, donne +59%), dell’apparato respiratorio (uomini +90%, donne +62%), del sistema nervoso e degli organi di senso (uomini +34%, donne +38%) e per tumori del polmone tra gli uomini (+59%). L’analisi dei ricoveri in ospedale ha fornito risultati coerenti con quelli della mortalità”, prosegue Bianchi.

Gli autori concludono con l’auspicio che “si sposti con urgenza l’attenzione sulle valutazioni preventive degli impatti sulla salute, e quindi sulle fonti che si conoscono come maggiormente inquinanti, anziché valutare i danni alla salute già verificatisi a causa delle esposizioni”.

Inoltre confidano che “i risultati presentati possano stimolare decisioni a favore della riduzione dei livelli di esposizione riconosciuti dannosi per l’ambiente e la salute e della realizzazione di studi analitici e di programmi di sorveglianza adeguati.”

Le evidenze scientifiche pregresse

È noto che l’inquinamento atmosferico causi o incrementi un gran numero di malattie acute e croniche: in particolare – come riportato nello studio attingendo da evidenze scientifiche pregresse – il biossido di zolfo (SO2) è stato riconosciuto come un potente broncocostrittore sia in soggetti normali che asmatici e i livelli di picco giornalieri di SO2 derivanti dalle emissioni delle scorte di raffineria hanno aumentato il rischio di episodi di asma nei bambini.

L’esposizione a breve termine a SO2 è stata associata a un aumento del rischio di mortalità totale e respiratoria, a una diminuzione della variabilità della frequenza cardiaca e ad un aumentato rischio di ricoveri ospedalieri per ischemia e malattie cardiache.

Inoltre, l’esposizione a lungo termine a SO2, misurata come concentrazione media annuale, è stata correlata a un eccesso di mortalità cardio-respiratoria. Sono emerse anche prove limitate sull’associazione tra esposizione materna ad alte concentrazioni di SO2 e aumento della prevalenza di malattie cardiache congenite nella prole. Il biossido di azoto (NO2) è stato positivamente correlato con infezioni del tratto respiratorio e ricoveri ospedalieri per cause respiratorie inclusi asma nei bambini e rischio di mortalità generale.

La reazione delle associazioni ambientaliste

Secondo le principali associazioni ambientaliste i risultati della ricerca rappresentano un ulteriore motivo per accelerare l’uscita dal carbone.

“Alla luce di questi dati – dichiara Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia – ogni ritardo nella chiusura delle centrali a carbone assume il profilo dell’attentato alla vita di migliaia di persone. Ogni tentennamento avrà come diretta conseguenza pesanti responsabilità morali, e non solo”.

Il WWF e Greenpeace sono parte civile nel processo in corso. “Tali risultanze scientifiche – dichiara Luca Iacoboni, responsabile campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia – sicuramente rafforzano le prove, sotto il profilo sanitario ed epidemiologico, delle conseguenze per la salute connesse alla presenza della centrale di Vado Ligure e del suo carbone”.

Il Comitato SpeziaViaDalCarbone, avendo appreso del nuovo studio, ricorda che nel mese di giugno del 2016 il Procuratore Capo della Spezia e il Sost. Procuratore dott. Monteverde si erano incontrati con i loro colleghi di Savona con lo scopo di verificare le modalità di attuazione alla Spezia di un’indagine epidemiologica sul modello di quella commissionata dalla Procura di Savona, sulla cui base si è proceduto al sequestro e alla successiva chiusura della centrale a carbone Tirreno Power di Vado Ligure.

Alla procura della Repubblica della Spezia è tuttora pendente un fascicolo contenente diversi esposti presentati dal 2012 a carico della locale centrale a carbone Enel. Tra le altre cose, il Comitato SpeziaViaDalCarbone chiedeva di rifare le indagini ambiente e salute già realizzate nel 1995 (biomonitoraggio lichenico) e nel 2004 (sovrapposizione dati sanitari).

I numeri e i costi dell’inquinamento ambientale

In Europa, l’impatto sulla salute associato all’esposizione all’inquinamento atmosferico ha mostrato che nel 2015 l’esposizione a lungo termine alle concentrazioni di PM2,5 è stata responsabile di circa 422.000 decessi prematuri in 41 paesi europei, di cui circa 391.000 nell’UE-28 (Agenzia europea per l’ambiente, 2018).

È stato stimato che nel 2013 le centrali a carbone operanti in Europa hanno portato a circa 21.900 ricoveri ospedalieri, 22.900 decessi prematuri, 11.800 nuovi casi di bronchite cronica negli adulti e 51.700 casi nei bambini e fino a 62,3 miliardi di euro di costi sanitari.

Stabilendo e facendo rispettare limiti di inquinamento più stringenti, il numero annuale di morti premature causate dalla combustione del carbone potrebbe essere ridotto da 22.900 a 2.600 morti (EEB, HEAL, CAN Europe, WWF European Policy Office e Sandbag, 2016).

Nel periodo 2008-2012, in Europa il costo economico dei danni alla salute e all’ambiente causati dalle emissioni degli impianti industriali è stato stimato da (almeno) 329 a 1053 miliardi di euro. Tra le prime 30 strutture identificate come responsabili del danno più elevato, sono 26 quelle che generano energia, alimentate principalmente da carbone o lignite (Agenzia europea dell’ambiente 2014).

La precedente perizia ambiente-salute a Vado Ligure

Lo studio di coorte degli epidemiologi ambientali dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifc) di Pisa arriva a otto anni dalla pubblicazione della perizia ambiente-salute commissionata dal PM di Savona Granero (5/2011) ai dott.Paolo Crosignani e Paolo Franceschi nell’ambito dell’indagine che aveva portato al sequestro del gruppo a carbone della centrale Tirreno Power di Vado Ligure.

La Procura di Savona aveva evidenziato come “la condotta tenuta da Tirreno Power e Interpower S.p.A (precedente proprietà) fosse stata costantemente caratterizzata da reiterate inottemperanze alle prescrizioni, sia negli anni antecedenti il rilascio dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), sia nel periodo successivo il rilascio della stessa”.

Lo studio effettuato in quell’occasione, di tipo caso-controllo, aveva confrontato all’interno della popolazione di riferimento il gruppo dei casi – composto da soggetti caratterizzati da una o più patologie – e il gruppo dei controlli – soggetti sani o comunque non affetti dalle patologie oggetto dello studio.

La mappatura di ricaduta degli inquinanti aveva restituito un territorio ricadente in 23 comuni del savonese che interessavano una popolazione di 156.745 persone. In dipendenza dell’esposizione al SO2 (modello di dispersione) e all’indice relativo al carico dei cinque elementi selezionati (arsenico, piombo, selenio, cadmio, antimonio) ciascun soggetto parte del campione di popolazione (georeferenziato, come la ricaduta degli inquinanti) era stato attribuito a un preciso gruppo: bassa, media, alta esposizione.

All’interno di questi gruppi erano stati analizzati i “ricoveri per malattie respiratorie e per asma nei bambini, nonché i ricoveri e le morti per malattie respiratorie e cardiache negli adulti”, considerando che per queste patologie esiste un’evidenza scientifica a priori “in ordine alla correlazione causale con l’inquinamento atmosferico e… con le emissioni di una centrale a carbone”. I periodi considerati erano stati 2005-2010 per i ricoveri e 2000-2007 per la mortalità (tabella su patologie e decessi calcolati nella perizia).

Oltre ai numeri riportati in tabella, tra le altre cose, lo studio aveva dimostrato che “gli effetti sulla salute per eventi cardiovascolari e respiratori sono associati con l’esposizione sia se si considerano i ricoveri sia se si considera la mortalità” e “indicano la presenza di un danno importante alla salute per le persone più esposte alle ricadute al suolo delle emissioni della centrale termica”.

Senato della Repubblica: accettabilità del rischio e coinvolgimento della popolazione

Nel 2014 e 2015 sono stati pubblicati due studi realizzati nell’area di Brindisi da ricercatori dell’Istituto di fisiologia clinica (Ifc) e dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac) del CNR, che avevano indagato rispettivamente gli effetti dell’esposizione materna all’inquinamento ambientale – rilevando “prove dell’associazione tra l’esposizione materna all’anidride solforosa (SO2) e difetti cardiaci” – e l’impatto sulla salute della popolazione a causa del particolato secondario originato da una sorgente industriale.

La prima ricerca, coordinata da Emilio Gianicolo e realizzata con la tecnica del caso-controllo – aveva riguardato neonati fino ai 28 giorni di età, con diagnosi per malformazione congenita, nati da madri residenti nella città di Brindisi dal 2001 al 2010. Al momento della ricerca non esisteva il registro delle malformazioni congenite, in seguito finanziato dalla Regione Puglia.

La seconda ricerca invece riguardava le emissioni di particolato imputabili alla centrale a carbone Enel di Brindisi. Obiettivo dello studio, condotto da Cristina Mangia, Marco Cervino ed Emilio Gianicolo, era dimostrare che se si considera il particolato secondario oltre a quello primario, anche a livello locale la popolazione esposta aumenta considerevolmente.

Nel 2016 Emilio Gianicolo ha presentato alla 13° Commissione permanente del Senato una relazione che rispondeva a una serie di domande poste dai senatori e dalle senatrici.

Quali e quante malformazioni congenite sono attribuibili all’inquinamento atmosferico?

Qual è l’impatto dell’inquinamento sulle patologie acute (malattie respiratorie e cardiovascolari)? Quanto sono utili, ovvero fuorvianti, le indagini epidemiologiche? Chi può stabilire qual è la soglia di accettabilità di rischio sanitario per una comunità? I tecnici oppure i cittadini vanno resi consapevoli attraverso un programma di conoscenza e partecipazione?

Ai senatori e alle senatrici Gianicolo aveva dato due precise indicazioni operative:

  • i limiti di legge non tutelano la salute
  • nessun decesso, attribuibile alle emissioni di una centrale a carbone, può essere accettabile.

“Nella scelta del nostro approccio – aveva dichiarato Gianicolo – abbiamo ritenuto di non poter e di non dover assumere a-priori alcuna soglia di accettabilità. Ciò per due motivi tra loro interconnessi:

  1. L’individuazione di una tale soglia non può essere delegata a tecnici a cui, riconoscendo uno statuto morale superiore, si concede il privilegio di discernere, per una data comunità esposta, tra un rischio accettabile e uno inaccettabile. Noi abbiamo ritenuto che questa soglia debba essere il frutto di un percorso consapevole della comunità medesima.
  2. Alla base di un percorso consapevole vi è la necessità che la popolazione in studio comprenda il livello di rischio. La comunicazione, intesa come garanzia di canali di partecipazione, è, nel percorso di consapevolezza, un elemento imprescindibile. È di tutta evidenza che il comunicare una misura assoluta di rischio, come lo è il numero dei decessi attribuibili ad una fonte di inquinamento, renda la comunicazione scientifica più facilmente fruibile della comunicazione di una potenza 10-x.”

Tirreno Power ha diramato una nota con cui contesta i dati considerati dallo studio. Secondo l’azienda “I dati teorici riproposti da Fabrizio Bianchi del CNR sono vecchi e sono già stati confutati dai dati reali pubblicati nel luglio del 2018 nel documento ufficiale dell’Osservatorio salute e ambiente della Regione Liguria”.

A loro volta i ricercatori del CNR hanno pubblicato una replica nella quale rivendicano la bontà dello studio e dei dati considerati rilevando che “i risultati di studi pubblicati su riviste scientifiche accreditate a livello internazionale non possono essere confutati da commissioni istituite da un ente locale o una Regione, ancorché composti da rappresentanti del mondo scientifico.” 

Fonti citate:

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