pufuleti joe space
Tutte le fotografie sono di Lukas Ratius compaiono per gentile concessione di Pufuleti
Musica

Non hai mai sentito un rapper italiano come Pufuleti

C'è un ragazzo siciliano che vive in Germania da quando ha 4 anni e ha scritto uno dei capolavori del rap italiano del 2019, proprio perché con la nostra scena non c'entra niente.

Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini è un libro. Parla di un uomo che, dopo quindici anni, torna al suo paese d'origine al Sud. Il suo viaggio è più simile a un'allucinazione che a un sogno: lungo la strada di casa, a cui è legato da un filo invisibile, incontra malati di malaria, sbirri, fantasmi. Quando ci arriva piange per i morti della guerra, si ubriaca, mangia con sua madre, si rende conto di non riconoscere quasi più suo padre, se ne riparte.

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Parlando con Pufuleti, che in Sicilia ci è nato, mi è venuto in mente il protagonista di quel romanzo: un narratore in costante conversazione con i suoi immediati dintorni, sospeso tra presente e passato. Da lì se n'è andato quando aveva solo 4 anni: la sua famiglia si è trasferita in Germania, nella Saarland, al confine con la Francia e il Lussemburgo. Lì, rappando in tedesco, è diventato un artista di culto: ma proprio quando una forma di successo stava per toccarlo lui ha scelto di mollare tutto, e di cominciare a rappare nella sua lingua d'origine.

Quello che è uscito è qualcosa di inedito per l'Italia. Un rap onirico, cervellotico—come il linguaggio di Vittorini, ma in forma di beat e rime. Sembra di sentire Earl Sweatshirt nei suoi momenti presi bene che rappa in tre lingue e mezzo con il timbro vocale di Joe Cassano. Qualcosa di veramente underground che parte da un rifiuto profondo delle regole del rap e della sua scena.

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La famiglia di Pufu viene da Naro, un piccolo paese in provincia di Agrigento: "Una città bellissima", mi dice, "prima aveva 25.000 abitanti, adesso che tutti sono scappati ne avrà 6.000. In Sicilia è sempre così, chi resta sono vecchi e bambini. I ragazzi se ne vanno tutti." In Germania trova però una quiete e una lentezza simili a quelli della sua Terra, solo un po' più freschi: "Qui non ci stanno cazzi. Però ci stanno i premium-wanderwege, le vie nei boschi. È tranquillo."

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La sua identità, però, si incarta subito. A casa parla solo siciliano e quindi il tedesco se lo deve imparare da solo, a scuola. E nemmeno l'hochdeutsch, quello ufficiale, ma uno slang—d'altro canto la sua è una terra di confine. "L'italiano poi lo imparavi così e così", mi dice, "quello che ti impari lo impari da Mediaset… ma non è quello giusto", mi spiega.

Qua subito possiamo trovare alcuni dei puntini che, uniti, formano il disegno della sua musica. Uno è il suo italiano storto, il suo siciliano aumentato: quello che esce da un ragazzo che prova a scrivere in una lingua che è la sua, ma anche no, e già che c'è in tutte quelle che gli passano per il cervello. Una persona cresciuta con la TV commerciale italiana ma a debita distanza, così da non lasciarsi ammaliare dal suo processo di instupidimento.

"Se parlo col demonio mi appare Bruno Vespa / Appeso come Gesù Cristo, dimmi chi l’ha visto?", rappa in "Quasi". "AGIP" comincia con degli state bboni di Costanziana memoria. "Paolo Fox scannato / Sparo come Jigen, spada come Ghemon / One, two, Moschino / Sì sì, muy rico / A Rimini con la pistola / Non si habla col sceriffo / Scappo tra gli scogli col motoscafo", esordisce "Ya No Es El Mismo". Insomma, ci siamo capiti.

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I testi sono una cosa importante per Pufu, così tanto che preferisce non parlarne e non ha intenzione di metterli online: su Genius non ci sono, e per riuscire a capire esattamente cosa dice serve sapere un minimo di siciliano e avere una buona capacità di decifrare i suoni pazzi che escono dalla sua bocca. "Io ho iniziato a scrivere per il rap", mi dice, quando gli chiedo come tutto è cominciato: tramite un amico più grande e la voglia di cazzeggiare con gli amici. "Ma era veramente una cosa cretina, i primi testi erano 'Lady, baby, ti faccio questo…' se le ascoltassi adesso mi vergognerei."

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Gli chiedo poi quando tutto è diventato una cosa seria: "A essere sincero una cosa seria per me non è diventata mai". Ammette che oggi forse può dirlo, ma prima di tutto scrivere per lui è "una terapia", fare i live è "uno sfogo". E poi, "Prima io queste cose non le capivo. Lo facevo così, non c'erano testi fondamentali per me. Invece pian piano, con il tempo, con i miei video che faccio e tutto… insieme, per me, è tutta una terapia."

Ed ecco, i video sono una cosa importante. Se li fa lui e li firma El Camello del Mount Wasabi—quello del testo di "Cicogna": "Dal Mount Wasabi con il mio figliolo / Duemila anni venne sull'onda come un pizzaiolo / Superfico, Pufuleti donnaiolo". Sono collage post-internet in cui si mischiano VHS e fotografie di lui da piccolo, immagini di lui e i suoi amici con in mano pistole finte con dei filtri pazzi, giochi di green screen, sfondi puramente aesthetic.

Quello di "Post Piscina 99°" alterna birrazze, carriole e attitude a un cartone animato stranissimo che culmina nell'uccisione di una balena con un coltello: "È il primo cartone in VHS che mi ha regalato mio padre qua in Germania, sul mito di Perseo", mi spiega Pufu, e poi mi mostra una cosa: un vecchio video girato da suo padre con "Bandiera Bianca" di Battiato in sottofondo, non troppo diverso dai suoi. "Ci stanno tutti 'sti video che ha fatto mio padre con la VHS, aveva la sua stazione analogica… per me è molto significativo. E per questo è una terapia, per me la Sicilia è il mio amore per il mio paese. Quando sono in Italia il cuore mi addiventa come il cuore del cinghiale."

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Che poi, per anni Pufu i testi li ha fatti in tedesco, e se ha cominciato a farli in italiano è solo per una serie di coincidenze. Per raccontarle, ha senso cominciare dall'inizio: Pufu fa una scuola di cucina e poi comincia a lavorare come cameriere, il lavoro che farà per una decina d'anni. Va via di casa e si trasferisce a Saarbrücken: "Avevo fumato un botto di canne in quel periodo, non stavo bene perché avevo panichi di ansia. Sono andato poi in cura e lì mi sono ritrovato da solo", racconta. "Avevo già fatto robe, ero in un collettivo, ma era un periodo un po' strano. Io non mi sentivo… nemmeno oggi mi sento mai un MC come altri MC. Ci sta sempre lo scopo di fare una cosa per raggiungere qualche cosa."

Parole un po' nebulose, ma man mano che la conversazione va avanti diventano a fuoco: è che il rap stava quasi per diventare una carriera, ma la cosa gli faceva strano. Quando rappava in tedesco, Pufu si chiamava Joe Space. Con quel nome ha fatto tre dischi: i primi due, Nudus Cactus e Nollywood, sono opere con un approccio da battle rap, ma è nel terzo—nachtalb, insieme a un altro ragazzo che si chiama Lord Folter—che sboccia quello che oggi è il suo stile. "È veramente uno degli album più fighi che ho fatto uscire. È una cosa mistica. Io soffro di paralisi nel sonno, certe volte il corpo dorme ma l'anima è sveglia. E nachtalb è quello che ti viene e ti mangia tutti i pensieri."

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"Non lo volevo mettere nemmeno su vinile", prosegue Pufu, "ma la mia ragazza mi ha detto di farlo uscire. E abbiamo spaccato. 700 vinili li abbiamo venduti così. E per noi è veramente moltissimo." Arrivano le richieste di interviste, le offerte di live, il video del singolo—oggi cancellato da YouTube per un problema di copyright—arriva a 400.000 views. E lui dice no a ogni cosa. "Io tutto 'sto rispetto in Germania perché ce l'ho? Perché tante volte ho rinunciato a tante cose. Dopo nachtalb mi sono ritirato. E dopo che mi sono ritirato, quando ho sentito che la cosa per me stava cominciando a puzzare, perché non mi piaceva questa idea di allargarmi così, ho fatto Pufuleti."

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A riaccendere l'interesse di Pufu per il rap è stato anche l'incontro con un beatmaker storico per la scena tedesca, Wun Two. "Lui è stato una svolta per me. Mi ha scritto per mandarmi i beat in un periodo in cui non sapevo da che cazzo di parte cominciare con me stesso, e mi sono ritrovato." E con lui e altri ragazzi è nato un nuovo collettivo, che si chiama COTA e ha un nome che, spiegato, chiarisce bene chi è Pufuleti e perché è qua a scrivere parole pazzissime.

"Sta per Carrying Owls To Athens, cioè 'Portare il gufo in Atene'." E che vuol dire, gli chiedo. La sua risposta: "Il gufo in Atene non si può portare perché è una cosa inutile. È come dire 'portare acqua al mare'. Abbiamo la stessa maniera di pensare, facciamo le cose non per arrivare a qualche punto. Alla fama, a uno scopo. È una cosa inutile quella che facciamo." Perché l'arte è inutile, lo incalzo. "Se sento 'arte' mi vorrei sparare," mi risponde. "È questa la cosa bella, per questo io non mi sono mai identificato con tutta 'sta scena rap. Io odio la scena rap, la odio totalmente. Perché è stupida, è piena di gente stupida per me. L'underground esiste perché è underground, perché è sconosciuto. Questa cosa mi turba."

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Per spiegarmi bene il senso di quello che fa, quindi, mi parla del video di nachtalb che era andato meglio—quello da 400.000 views di cui sopra, "Wissen ist Markt". "Siamo andati in Belgio. Eravamo io e Lord Folter e, non so perché, ci siamo litigati veramente di brutto. C'era un amico nostro da Los Angeles che ci ha ripresi mentre litigavamo e c'era tutto 'sto dibattito. In quel video si sentiva che c'era una cosa personale, che non era un video con bitches, con macchine, hai capito che ti voglio dire? Era un video dove si sentiva e si sente che ci sta la vita, la naturalezza. E mentre che litigavamo facevamo pure i pazzi. Forse è questo… io non è che faccio i video, queste cose le faccio per me."

Il bello di Tumbulata, il disco in italiano (più o meno) di Pufuleti, è che è una cosa che suona inedita per la scena italiana—perché viene da una persona che non ha niente a che farci, probabilmente. E questo per ovvie ragioni geografiche, ma soprattutto di mentalità. "Ma perché in Italia non ci sta 'sta roba che facciamo noi in Germania?", mi chiede, "Perché tutti fanno 'sto trap, sta musica? Non conoscendo [la scena], per me l'Italia è indietro su 'sta cosa". Ma il motivo per cui fa il suo rap, dice, non è questo: "È che forse ho voluto scrivere in italiano per migliorare la mia lingua, per vedere come penso e scrivo in italiano. Poi non mi aspettavo che ci sarebbe stata tutta 'sta attenzione."

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Ecco, perché in realtà qua Pufu ci è già tornato, in due grandi fasi della sua vita. La prima è successa quando era piccolo, e una volta all'anno tornava in paese con i suoi genitori, rigorosamente in macchina. Erano 36 ore di viaggio in cui dall'autoradio usciva di tutto: "Mio padre certe volte aveva delle cassette con musica scozzese, non si capiva un cazzo! Musica siciliana, napoletana. Cose come Carmelo Zappulla, Nino D'Angelo," mi spiega Pufu. Quando arrivava in paese era felice, ma non si sentiva davvero a casa: "Trovavo subito amici, però per loro ero sempre il tedesco. E quando tornavo qui per i tedeschi ero l'italiano. A casa a casa sono stato sempre solamente quando stavo in casa con i miei genitori."

Poi, a un certo punto, i viaggi si sono interrotti. Per dieci anni Pufu non ha messo piede in Italia. A farlo tornare è stata la sua ragazza, con cui ha fatto un giro della Sicilia—che non aveva mai visto, dato che quando tornava stava solo in paese. "L'ho trovata diversa. Più sporca", mi dice, "Sono stato a Catania, Palermo, Noto, Siracusa, Ragusa. Ho mangiato arancini buoni e arancini di schifo, riscaldati"—e vengono in mente "i messinesi con gli arancini marci dentro al ghetto" che canta in "Cicogna". Un filmato di quel viaggio è finito nel video di "Gestempelt", un pezzo quasi ambient di quelli che fermano il tempo. E poi è arrivata una chiamata.

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I primi ragazzi che hanno invitato Pufu in Italia sono un collettivo artistico romano che sta in un appartamento del quartiere San Lorenzo e si chiama Misto Mame—da lì, per intenderci, è venuto fuori Venerus. "Loro con il rap non c'entrano un cazzo, per me sono stati una sorpresa. Mi hanno accolto, c'è stato un amore veramente pazzesco. Per questo è come una seconda famiglia per me". E lì, piano piano, le cose hanno cominciato a muoversi. Tramite un consiglio di Dola è poi arrivata un'intervista a Milano per RapBurger e Radio Raheem. E poi un paio di live che, nel loro piccolo, sono stati qualcosa.

Uno è successo a Torino, dove, dice Pufu, "sono venute persone da fuori, da Milano, da Prato… venivano a dirmi che erano venuti apposta, ore di macchina". Uno si sarebbe dovuto tenere a Firenze, se non fosse che "era un locale proprio sbagliato per fare 'sta roba, e quindi non ho fatto il gig. C'erano 15 persone, massimo 17, venute apposta… e non ho fatto il gig però ho venduto dieci dischi di Pufuleti! Gli ultimi che avevo con me!" E lo dice con la gioia nel cuore—quello che, come diceva prima, gli addiventa come quello del cinghiale ogni volta che sente l'amore dell'Italia.

"Io domani vado a lavorare e non ci penso nemmeno a quello che sta succedendo", mi dice. Fa l'infermiere, oggi, Pufu: "Stare con i signori anziani è una figata, gioia", dice, "a me il corpo vecchio mi attira. Noi siamo un ospedale che c'è psichiatria e geriatria. Quando non ci sta il posto in psichiatria certe volte ce li mandano da noi, mentre in geriatria li puliamo, cambiamo, vestiamo, portiamo fuori, ed è più dura. Combattere lì 8, 9 ore in geriatria con i dementi… però a me ci è voluto questo cambiamento di lavoro. Ho fatto sempre il cameriere, anche alto, quello che ti presenta il vino. Ma non avevo più voglia di questa roba." Gli consiglio le fotografie della serie Ospizio di Mario Giacomelli: lui si segna il nome.

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"Ma mi fa veramente piacere perché ho l'opportunità di tornare in Italia", chiude Pufu quando gli chiedo che cos'è la cosa più bella che tutto questo gli sta facendo provare. "Adesso farò un mini tour, me la sto vivendo bene. C'è stata 'sta voglia di fare 'sta Tumbulata, mi dà l'opportunità di venire in Italia. È questa la cosa più bella per me, perché mi arricchisce." Elia è su Instagram. Vai a vedere altre foto di Lukas su Instagram. Vai a vedere Pufuleti in tour: 18/9 Milano - TBA, ospite di Legno e Familia Povera
19/9 Torino - Povera, Docks Dora
20/9 Massa Carrara - OSO, Secret Show
21/9 Roma - Fanfulla
22/9 Avellino - Tilt
24/9 Napoli - Perditempo Tumbulata verrà ristampato in CD da Legno, lo puoi già ordinare. Pufu mi ha anche scritto: "Compà au, si potrebbe aggiungere che esce il mio nuovo album CATARSI AIWA MAXIBON coproduzione Misto Mame e COTA per ora sotto forma di una fanzine di 60 pagine multiformato A4&A5 curata da Lapo Sorride e che ci portiamo in tour insieme alle cose di Legno e Familia Povera?" Sì, si può aggiungere.